Dolcezza e stile. Il sogno di Luisa Spagnoli.
[Gennaio 2016]
Ad ottobre (2015 ndr) sono iniziate a Perugia le riprese per raccontare la sua storia, un mese prima le boutique di Firenze e Milano che portano il suo nome sono state “bacizzate” per ricordarla, gli innamorati da sempre si scambiano una delle sue invenzioni come segno di amore reciproco, donne di tutte le età si scaldano indossando eleganti golfini creati dalla sua testa geniale, ma non sembra anche a voi che – nonostante ciò — si parli troppo poco dell’ ideatrice di due delle icone più famose del Made in Italy? Di una donna che partendo dal nulla ha portato il nome della sua città natale ad essere fra i più famosi al mondo?
Chi scrive ha questo sentore considerando che parliamo dell’inizio del Novecento e di una donna di umili origini. Parole quest’ultime che messe insieme evidenziano due gap insormontabili per il periodo. Donna e povera. Donna che comunque ce l’ha fatta e per ben due volte.
Non solo, una donna che come pochi (il maschile è voluto) ha saputo proporre quel modello di impresa moderna che cominciava a delinearsi ben lontano però da dove lei operava. Innovativa, diremmo oggi, e lungimirante.
L’intuizione
Luisa Spagnoli, firma oggi nota alle amanti dello stile sobrio e ricercato, nasce a Perugia il 30 ottobre del 1877 da padre pescivendolo e madre casalinga. A ventidue anni è già moglie di Annibale Spagnoli con cui forma una coppia squattrinata ma ambiziosa. Dopo un primo periodo successivo all’ Unità d’Italia in cui l’economia stenta a decollare il mercato pare essersi finalmente sbloccato e per chi ha ingegno è il momento di farsi avanti. Le possibilità si aprono ad ogni angolo. È il periodo in cui molte menti eccelse studiano, progettano, inventano, propongono. Si chiamano Cirio, Agnelli, Pirelli, Galbani.
Luisa, donna semplice ma astuta, ferma e decisa capisce che è il momento di agire. Le nuove macchine sono la grande novità, lì bisogna investire quei pochi spiccioli. Ne è convinta al punto da decidere di affittare con il coniuge una drogheria e acquistare una macchina per fabbricare confetti. L’ attività, gestita da questa giovane piena di inventiva e talento, tenacia e cordialità, riscuote un successo tale da necessitare poco dopo di veloci investimenti per rispondere alle richieste della clientela divenuta sempre più raffinata ed esigente. Con l’aumento del ceto medio si moltiplicano i bisogni e alle feste sempre più frequenti bisogna rispondere con cioccolato, dolci, cibi di qualità.
Luisa non si lascia spaventare ma anzi raccoglie la sfida e pur non comparendo nei documenti ufficiali in quanto donna contribuisce in maniera determinante alla nascita della società che negli anni a venire inciderà profondamente sui gusti degli italiani e sul processo di industrializzazione della nazione stessa.
La nascita della Perugina e il sodalizio con Giovanni Buitoni
È il 1907 Annibale Spagnoli, l’industriale Francesco Buitoni, l’avvocato Francesco Andreani, il commerciante di tessuti Leone Ascoli fondano la Perugina e con quindici dipendenti danno inizio al sogno di Luisa.
Lei non si risparmia: lavora, crea, inventa, prova, studia. Non basta. Dopo due anni il progetto di produrre sempre più su larga scala è al collasso e i soci sono sul punto di chiudere. Francesco Buitoni, l’unico coinvolto in prima persona al fianco dei coniugi, confidandosi con il terzogenito Giovanni ammette il fallimento. Le commesse ci sono ma i conti non tornano e il timore di trascinare dentro al fallimento la storica ditta di famiglia — salda e prestigiosa — è troppo grande per rischiare. Non si tira indietro però alla proposta del figlio, studente in Germania, di giocarsi l’ultima chance: dare a lui carta bianca.
Giovanni rientra in Italia e incontra Luisa. Da qui in avanti la storia è quella del grande sodalizio, prima professionale e poi anche privato, di due geni tanto diversi quanto bisognosi uno dell’altro. Un amore il loro che crescerà con il tempo sprezzante dei quattordici anni di differenza ma dotato di una discrezione tale da non turbare mai il corso degli eventi aziendali. Al contrario, un legame profondo e riservato (non esiste un carteggio né una ammissione dei protagonisti) che con la sua forza darà continuamente nuovo vigore alle imprese che i due si prefiggono.
Giovanni ottiene un prestito, riorganizza l’azienda, orienta il mercato verso Sud dove esiste meno concorrenza, sposta la fabbrica in un luogo più idoneo, in un biennio chiude in attivo. Dopo la guerra — partirà lasciando l’azienda nelle mani di Luisa — costituisce un consorzio nazionale per l’acquisto delle materie prime, approfitta della svalutazione del marco per acquistare macchinari in Germania ad un prezzo stracciato, trasforma lo stabilimento di Fontivegge in uno fra i più avanzati d’Italia.
Luisa intanto è instancabile. Fabbrica lei stessa caramelle e cioccolatini, inventa nuove produzioni, con gli uomini al fronte governa l’azienda trasportandola intatta oltre la bufera. Rimane il perno dell’azienda anche dopo la rottura del marito con i Buitoni dai quali non si sente gratificato e che trascina in tribunale. È l’anima del gruppo dirigente, il riferimento dei subalterni, dei clienti, dei fornitori. Una capacità invidiabile di gestire le risorse umane. Concentrata a migliorare la vita dei propri dipendenti fonda un asilo nido nello stabilimento.
La modernità della sua visione aziendale
Al centro c’è sempre lei. Circondata da Giovanni e Bruno Buitoni, dal figlio Mario Spagnoli direttore tecnico, da Federico Seneca responsabile della pubblicità diventa una delle imprenditrici più importanti che la storia d’Italia ci abbia donato. La sua creatività raggiunge l’apice quando nel tentativo di ridurre lo spreco recuperando gli scarti della nocciola inventa il Cazzotto. Un cioccolatino tanto sublime quanto impossibile da acquistare con quel nome, sostiene Giovanni. Si chiamerà Bacio. Diventerà il bacio più famoso al mondo mentre Luisa sta già pensando ad altro. Ha oltre quarant’anni, probabilmente non da molto il rapporto con Giovanni si è modificato in una relazione amorosa e da tempo alleva nel terreno intorno alla bella casa animali domestici ed esotici. È venuta a conoscenza che in Gran Bretagna i conigli d’angora vengono allevati liberamente e con cura per usarne la lana. L’ idea si trasforma in breve tempo in azione e poi in attività. Una nuova impresa da far crescere facendo leva solo sulle forze sue e del figlio Mario. Insiste sulla modernità della sua visione aziendale: istruisce le dipendenti, le affianca, istituisce un asilo, lascia ovunque traccia dell’impronta femminile. L’ abilità antica delle donne di filare a mano è alla base del progetto. Luisa, informata e attenta alle politiche del Regime, coglie l’importanza di creare buoni prodotti in Patria. Passa ore in laboratorio con le lavoratrici fornendo consigli e dando istruzioni.
Il sogno non muore
Il secondo grande successo è alle porte ma Luisa non potrà goderne. Si ammala nel 1934 di tumore alla gola e la diagnosi è terribile: sei mesi di vita. Giovanni la porta a Parigi e rimane con lei fino alla morte. Lunghi giorni strazianti in cui Luisa riesce nell’ennesima grande impresa: far conoscere all’uomo della sua vita la donna che avrebbe preso il suo posto. Letizia Caronte, un soprano promettente, bella e di classe. Perfetta per lui. In effetti, come previsto, i due si sposano da lì a poco. Un grande gesto, che forse è leggenda, ma comunica con chiarezza l’attitudine di Luisa a non lasciare niente di intentato.
Cinque anni dopo Mario Spagnoli apre a Perugia il primo negozio di moda pronta, castigata e comoda, elegante e sobria che porta il nome della cara madre scritto in corsivo. Un nome, un brand e uno stile che continuano a vivere oggi.