Sindrome dell’impostore. Pensi di non meritarti il tuo successo?
Se la risposta è sì, la notizia positiva è che sei in buona compagnia. Come te lo pensa il 70% della popolazione fra cui attrici del calibro di Meryl Streep, manager di grandi organizzazioni, intellettuali, scrittori famosi, premi Nobel. Basti pensare che lo stesso Albert Einstein riteneva che il suo lavoro fosse tenuto in eccessiva considerazione e questo lo metteva a disagio tanto da farlo sentire un imbroglione.
Stiamo parlando della sindrome dell’impostore, termine coniato per la prima volta nel 1978 da Pauline Clance e Suzanne Imes, psicologhe cliniche, per definire un problema che colpiva in particolare quelle donne che, nonostante i meriti accademici e professionali, sostenevano di non essere così brillanti come le persone intorno a loro sostenevano.
La questione però non si riduce a una sorta di smisurata modestia. Si tratta di qualcosa di più ansiogeno riconducibile alla paura di venire scoperti, al terrore che prima o poi qualcuno si accorgerà che non siamo all’altezza del ruolo che svolgiamo, che non siamo bravi, che fino a quel momento abbiamo bluffato. Che siamo finti o buoni venditori di aria fritta.
Va detto subito che se credi di soffrire di questa strana sindrome è perché molto probabilmente non sei affatto un impostore e il successo che ti stai godendo lo meriti davvero. Gli impostori, quelli veri, sono consapevoli delle loro azioni e di queste solitamente vanno fieri.
Nessuna malattia grave dunque ma comunque da non sottovalutare.
Fondamentale individuare le cause scatenantiche possono essere molteplici e diverse:
- una rigida educazionericevuta basata su frasi smorza-entusiasmo del tipo “hai fatto solo il tuo dovere”;
- una eccessiva timidezzache impedisce di dare valore alle conquiste ottenute;
- la paura del giudizio altrui, di sbagliare e/o deludere le aspettative.
Pur aggiungendo molti punti all’elenco esso risulterà sempre incompleto: i motivi della sofferenza così come il percorso per liberarsene sono sempre estremamente soggettivi.
Qualche consiglio però, per iniziare, può tornare utile.Ancora di più farsi affiancare da un espertosoprattutto nei casi in cui la percezione è che il timore si stia trasformando in un inibitore, in un freno alla tua crescita professionale.
Le prime mosse da compiere. Parti da qui.
- Elencasu un foglio, sull’agenda o sul pc (l’importante è che tu scriva!) i momenti importanti della tua storia personalesottolineando i sacrifici, la fatica e l’impegno speso. Leggerli e rileggerli tornerà utile per ricordarti da dove vieni.
- Convinciti che pur essendo competente nella tua materia ci sarà sempre qualcuno che ne saprà di più. Accogliere la sapienza altrui, anche se ostentata, come elemento di crescita permette di non sentirsi in competizione e diminuisce lo stato d’ansia. Anche quando ti correggono ringrazia sentitamente.
- Fissa nella mente le sensazioni provate nei momenti in cui ti senti “forte” e meritevole. Serviranno nei momenti di dubbio e sconforto.
- Datti degli obiettivi realizzabili. Il loro raggiungimento concorrerà a far aumentare il tuo livello di autostima.
- Resisti alla tentazione di sminuire i complimenti che ricevi. Ridimensionare i successi (può farlo chiunque; non ho fatto granché etc.) significa trasmetterli al nostro interlocutore come fatti di poca importanza.
Piccole azioni che a monte richiedono anzitutto di imparare a chiedere un po’ meno a te stesso e anche a prenderti con più leggerezza. Che leggerezza ─ diceva Calvino ─ non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.